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Di grandi incendi, Londra, ne ha visti tre, tutti e tre scoppiati nei dintorni del Ponte di Londra. 
I primi due incendi
Il primo grande incendio di Londra scoppiò il 26 maggio del 1135, probabilmente in un negozio di stoffe, e bruciò una larga porzione della città. Il ponte di Londra, una struttura di legno, andò completamente distrutto. Quasi un secolo dopo, nel 1212, scoppiò un altro incendio a Southwark, un borgo a sud del ponte. Purtroppo, anche se il ponte era stato ricostruito in pietra, le strutture sovrastanti erano di legno, e le fiamme non ebbero problemi a diffondersi da una all’altra sponda del Tamigi. Ciò provocò la maggior parte dei morti: un’enorme massa di gente era accorsa per aiutare a spegnere l’incendio e rimase bloccata sul ponte. Le cronache dell’epoca parlano di 3000 morti in totale.
Il grande incendio del 1666
Nel ‘600, Londra era una città sovraffollata, con numerosi edifici in legno con tetti di paglia, dalla struttura ancora tipicamente medievale: strade strette e tortuose, piani superiori delle case che, per guadagnare spazio, si protendevano verso l’esterno. In diverse case era conservata ancora polvere da sparo, dato che si usciva da pochi decenni dalla rivoluzione civile. La sicurezza antincendio era affidata alla milizia cittadina, che aveva anche altri compiti. Le tecniche si basavano principalmente sull’estinzione con acqua e sulla demolizione degli edifici per creare una barriera. Londra era avanzata sotto questo punto di vista, dato che già all’epoca disponeva di rudimentali autobotti, che però dovevano essere trascinate e avevano una gittata minima.
L’incendio scoppiò nella notte del 2 settembre 1666, in una casa vicino al Ponte, all’interno delle mura cittadine. La famiglia riuscì a mettersi in salvo fuggendo dalla finestra, ad eccezione di una serva, la prima vittima dell’incendio. L’estate era stata particolarmente secca ed aveva asciugato il legno delle abitazioni della città; in poche ore, l’incendio era fuori controllo. Non si riuscì a domarlo se non quattro giorni dopo. Migliaia di persone erano rimaste senza casa, senza contare tutti gli edifici pubblici andati in fumo: l’incendio aveva toccato anche il quartiere finanziario. La responsabilità per l’ampiezza di tale disastro viene comunemente attribuita alla mala gestione da parte delle autorità: il sindaco si era rifiutato di dare l’ordine di intervenire il primo giorno, cioè di abbattere gli edifici a rischio per creare una barriera, per timore di dover ripagare i danni ai proprietari degli edifici, il re non si decideva a fare uso della propria autorità per paura che scoppiasse una rivolta come quella di pochi anni prima, e la milizia finì per intervenire solo quando ormai era troppo tardi. Si creò una situazione di panico in cui migliaia di persone affollarono le strade con i loro averi, cercando di fuggire e andando ad intasare le strette porte della città. Addirittura, nella speranza di convincere i superstiti a combattere contro il fuoco, le porte vennero chiuse per alcune ore, imprigionando gli abitanti.
I piani per una planimetria più razionale dovettero essere scartati, il centro di Londra venne ricostruito seguendo la vecchia pianta della città, ma mantenendo una maggiore distanza tra gli edifici e, soprattutto, utilizzando materiali ignifughi quali la pietra.